giovedì, luglio 13, 2006

Riflessioni

Di seguito un articolo tratto da Panorama e la mia e-mail di commento inviata a Giuliano Ferrara.

La palla rotola, le teste anche

di Giuliano Ferrara

Del Piero in C, e con lui Zambrotta, Camoranesi, Cannavaro e altri. Lippi fuori, per via di suo figlio che lavorava nel calcio intercettato. Ma in C anche Vieira e Thuram, la giustizia sommaria si occupa di tutti, italiani e stranieri, e non dimentichiamo i milanisti, bestia nera delle procure, e la Fiorentina del caro Della Valle. C per la Juventus, mi raccomando, e non B. Ergastoli o decapitazioni, come ha notato Piero Ostellino a caldo.
Niente responsabilità personali, conta la responsabilità oggettiva, e qualcuno deve avere il potere di abolire il passato, un potere che nemmeno Dio si arroga in teologia, qualcuno deve stabilire, crepi il mondo, ciò che è giusto e ciò che è ingiusto, e con i metodi spicci, rapidi, che Francesco Saverio Borrelli e Guido Rossi promettono dalla nuova cattedra di legalità della Federcalcio.
Eppoi si riscriva la storia del calcio redistribuendo gli scudetti, che sono più meritati se a darteli è un giudice fuori gara, il solito Incorruttibile, piuttosto che un giudice di gara avvicinabile. Quelli del calcio devono «arrossire» di vergogna, scrivono i censori, non si devono permettere di addurre l'argomento che il calcio è un gioco e che loro sono bambini malcresciuti, perché l'unico gioco che valga la pena di giocare è il gioco della legalità.
Certo, perché la palla è quadrata o squadrabile, può diventare oggi il simbolo giocoso di un fare giustizia a spanne che a Milano nei Novanta ebbe del tragico, e chi se ne importa se la Prima repubblica pallonara verrà travolta dall'assurdo, se i migliori giocheranno con i pupi della terza serie, che volete che sia di fronte all'imperiosa necessità di manifestare il proprio senso morale senza tentennamenti, senza pensarci su, magari senza stare a sentire testimonianze a difesa, tanto ci sono le intercettazioni, la brutta figura, la prova auricolare e origliata del fatto che quella era una cupola di malacarne del pallone.
Il calcio deve restare un sogno, dicono. Non c'è partita senza falli, non c'è training senza che ti spieghino come simulare un fallo dell'avversario, come mentire in campo all'arbitro, come rivendicare una rimessa laterale che è degli altri, come evitare un cartellino giallo o rosso; e non c'è eroe che non si faccia giustamente ben pagare, che non cambi squadra con naturale spirito professionistico o mercenario, non c'è palla che si possa realmente predeterminare, non c'è arbitro che non sbagli una, due, tre volte. Soprattutto: non c'è calcio senza i più bravi, non c'è parata senza lo scommettitore Gianluigi Buffon, il massimo tra i pali, e senza i migliori che poi sono quelli che vincono più scudetti, come si dice, non c'è partita.
Ovvio che il processo ai trucchetti del calcio si dovesse tenere, che dovesse giungere a conclusioni serie. Irrogare sanzioni fa parte della vita, incassarle quando si è barato fa parte del fair play. E le regole che non funzionano si cambiano, i regolamenti si irrigidiscono, una volta sperimentata anche troppo la loro pieghevolezza. D'accordo. Ma qui, nella giustizia calcistica come nella giustizia politica, agite entrambe dagli stessi player, dagli stessi guru, c'è molto di più.
La giustizia che piace ai Rossi e ai Borrelli non deve correggere quel che è storto, deve estirpare il male, non deve ristabilire il diritto, deve umiliare i reprobi, non deve selezionare le colpe, deve affastellarle come un basto di maledizione nel solito processo al sistema.
A Borrelli nel 1994 capitò quell'incidente storico di Silvio Berlusconi, la sua giustizia togata e di piazza, intrinsecamente ideologica e politicizzata, portò al potere l'uomo nero della procura, e obbligò poi il Paese per 12 anni al grande circo dei processi e della lotta senza quartiere tra giudiziario e legislativo, tra due diverse manifestazioni dell'ordine costituzionale e della sovranità popolare. Ci risiamo, in forma di farsa da stadio.
Stavolta l'incidente è Italia-Germania 2 a 0, lo scoppio della foga popolare e dell'orgoglio mutandaro che unisce la nazione in ogni piazza. Come ho goduto, non posso nemmeno confessarlo a me stesso, figuriamoci al bambino che c'è in ogni lettore. Gli eroi che si disputano la coppa a Berlino sono quelli capaci, quelli bravi, i semicampioni o campioni del mondo. Sono come i vecchi partiti uccisi dalle inchieste per responsabilità oggettiva di fronte al tribunale precario della legalità assoluta.
Relativisti in tutto, i giudici e i giornali e altre forze interessate allo scopo stabilirono che non ha importanza essere bravi e aver fatto un'Italia delle libertà e dell'abbondanza, bisogna essere soltanto retti, e dunque non si dovevano cacciare dentro le ordalie della giustizia i singoli, ma un sistema che produceva poca rettitudine. E così per i tribunali surreali del calcio.
Niente tempi lunghi, sentenze sommarie richieste alla velocità del fulmine, e tutti i bravi se ne vadano in C, gli scudetti siano ripartiti come il reddito, e che il mondo sia ripulito della superbia ludica.
La politica è sangue e fango, e la palla è tonda. I dirigenti sportivi dovrebbero essere sistemati per le feste, quando sbagliano e mafieggiano in compagnia di tanti altri regolatori e sorveglianti anche in toga, ma la giustizia assoluta vuole di più, vuole addentare la preda, riscrivere la storia e se stessa, torreggiare superba e debellare i deboli, cioè noi. Che non abbiamo mai pensato al calcio come a un sogno, ma lo amiamo e ne avremo probabilmente una versione caricaturale molto legale.


Buon giorno Direttore.
Ho letto, come ogni settimana, la sua rubrica su Panorama "L'arcitaliano".
Come sempre, o quasi, condivido il suo pensiero. Mi chiedo però, come mai le stesse parole non sono state scritte, da Lei o da qualsiasi altro giornalista "nazionale", quando ad essere colpito è stato il Genoa?
Certamente il presidente Preziosi ha sbagliato e doveva essere punito ma la squadra aveva ben meritato la serie A (tutto il campionato di B passato ai vertici della classifica).
Nessuno però all'epoca sentì il bisogno di difendere la più antica squadra d'Italia e con lei la città di Genova (anche se metà) e i suoi tifosi.
Non solo, mentre stavamo marcendo in C continuavano a toglierci punti (tanto per gradire) senza uno straccio di difesa da parte di nessun giornalista "nazionale".
Ora, sono colpite le "Grandi" e i nostri campioni del mondo e giustamente ci si indigna.
Non sono un tifoso accanito, il calcio non mi piace (preferisco la palestra dove sono io a praticare sport) e del campionato del mondo ho visto (distrattamente) solo la partita con la Germania e ovviamente la finale (dove ho comunque gioito).
La ringrazio dell'attenzione. Buon lavoro e complimenti anche per il "Foglio".
Cordialmente.
Luca - Genova

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4 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Sporco genoano.

Viva la Sampdoria.

La tua è tutta invidia|.


Genova è anche Sampdoria.

giovedì, luglio 13, 2006 9:40:00 PM  
Anonymous Anonimo said...

Occupati solo di palestra e non di calcio.

giovedì, luglio 13, 2006 9:42:00 PM  
Anonymous Anonimo said...

Nessun giornalista di buon gusto e buon senso
avrebbe potuto intervenire a difendere
una squadra come il Genoa ed il suo corrotto presidente.
Non si tratta dell'onore della città,ma dell'onestà nello sport.

giovedì, luglio 13, 2006 9:47:00 PM  
Blogger luca ge said...

Complimenti per il coraggio dimostrato dai soliti... anonimi.
Quando si commenta un qualcosa, è sempre bene: primo firmarsi (anche un nome di fantasia può andare) secondo accertarsi di aver ben compreso ciò che si è letto.

lunedì, luglio 17, 2006 10:35:00 AM  

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