giovedì, giugno 29, 2006

Riflessione...

Ieri sera ho visto un film su Sky Cinema 1 che mi ha indotto ad una riflessione.

Non tanto il film in se, non ricordo neppure il titolo tanto era anonimo e privo di attori di grido, quanto l’argomento che trattava.

Si narra la storia di alcuni terroristi islamici che concepiscono e in parte attuano, un piano di attacco chimico nel cuore di Londra e più precisamente alla stazione della metropolitana Ground Zero (non mi sono accertato se è statao girato prima o dopo gli attentati dell’anno scorso).
Subito dopo lo scoppio, la zona contaminata viene isolata e per ore e ore i cittadini (non parliamo di quelli direttamente coinvolti) rimasti all’interno dell’area, restano ad aspettare (si immagini le condizioni) di essere decontaminati. Alla fine del film, due settimane dopo l’attentato, l’ampia zona coinvolta viene sigillata (parliamo di una piccola ma significativa parte del centro londinese) provocando danni immani a livello economico e non solo.

La riflessione che mi sovviene non è l’avvenimento in se. Sarebbe chiaramente una tragedia immane. Il fatto che mi fa pensare è, che se è vero che bastano pochi terroristi a compiere un dramma del genere è altrettanto vero che ad affrontare la reazione, la paura (non parliamo del soccorrere), della popolazione si abbisogna di migliaia di uomini (polizia, esercito, vigili del fuoco, ambulanze, ospedali, ecc.) che mettano a repentaglio la propria vita e soprattutto superino le porprie paure.

Quando ero in marina, ho trascorso 16 mesi a “soccorso mare” qui all’Aeroporto di Genova (sento già dire “fortunato, bravo, bello hai fatto il militare a casa”). Tra i nostri compiti il principale era quello di intervenire in caso un aereo ammarasse (cosa che non deve essere molto piacevole ne’ per chi è dentro l’aereo ne’ per chi soccorre). Gli altri compiti erano pattugliare la costa dall’Aeroporto a Cogoleto e naturalmente prestare soccorso.
In quel lungo periodo solo un paio di volte siamo dovuti uscire in aiuto (un mese prima del mio arrivo erano affondate ben 3 motovedette di soccorso a causa del mare agitato). Posso assicurare che con il mare grosso, quando le onde si infrangono sopra la tua testa, faecendo sprofondare la cabina di pilotaggio nel nulla, ti “caghi” letteralmente addosso (ho visto sbiancare il mio capo al timone). Quando però giunge il momento di aiutare e salvare qualcuno la paura sparisce (salvo tornarti a trovare le notti seguenti) e ti concentri esclusivamente sull’operazione (non facile visto l’instabilità che hai sotto i piedi, l’acqua salata che ti inzuppa rendendo la divisa pesantissima e il freddo che ti penetra nelle osse – non sempre si soccorre d’estate con 40 grasi e afa). Ricordo il soccorso ad un giovane serfista (aveva la mia stessa età, 21 anni). Doveva essergli sembrata una buona idea uscire in mare con il vento che lo faceva correre veloce… poi però, come spesso accade in mare, improvvisamente, il vento ha cambiato direzione, il mare si è gonfiato e il crepuscolo è calato rapidamente. Quando lo abbiamo issato a bordo piangeva disperato: “Lui non voleva, Lui non pensava, gli dispiaceva”. Nessuno di noi ebbe il coraggio di redarguirlo anche se, la tentazione di piantargli un pugno in mezzo alla fronte era tanta.
Il ragazzo non aveva messo a repentaglio solo la sua vita ma anche la nostra.

Perché ho raccontato questo aneddoto?

Semplice. Quando sento la famosa “ggente” che denigra, insulta, odia le Forze dell’ordine, mi viene sempre da pensare: ma Tu “ggente” li hai i coglioni per fare un mestiere del genere? Sei disposto, Tu “ggente”, a spogliarti del tuo io per aiutare il prossimo in pericolo?

Sono ovviamente domande retoriche. Qualche volta però anche un film può servire a farci riflettere e farci tacere.

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