martedì, giugno 05, 2007

La tempesta perfetta


Sono le 12.30 quando esco dall’ufficio per la pausa pranzo.

Tra le nubi, che ormai da una settimana sovrastano la città ,qualche timido raggio di sole riesce a filtrare. C’è anche uno strano caldo soffocante. Troppo strano.

Salgo sull’autobus e penso ai meteorologi che da due giorni affermano che al nord è bello. Sarà ma non certamente da queste parti.

D’improvviso il cielo si fa cupo. I tuoni squarciano il “silenzio” del traffico. Man mano che mi avvicino alla meta i fulmini si susseguono sempre più frequentemente.

Ed ecco che un fenomeno assai strano avviene davanti agli occhi di noi spauriti passeggeri del bus.

La Val bisagno sotto di noi sparisce. “Che succede?” grida qualcuno. “Ma cos’è?” dice la vecchietta con gli occhi sbarrati? “Ma che nebbia strana” ribatte lo studente.

Il bus accelera d’improvviso e corre all’impazzata sulla sua strada a lato della valle. L’autista è il primo a intuire cosa sta per succedere e non vuole ritrovarsi li in mezzo.

Una nebulosa, nera e minacciosa entità avvolge la valle sottostante. Laggiù deve essere l’inferno.

Non si vede più nulla. Il buio è sceso tra noi. Ad illuminare solo i fulmini che con un boato assordante rimbombano nell’oscurità.

Ecco la fermata. Scendo al volo. Una leggera pioggerella inizia a cadere. Fortunatemente ho il mio mini ombrellino per le emergenze. Lo apro e affretto il passo verso casa. Tra la fermata e il portone la distanza è di 100/150 metri anche se leggermente in salita. Posso farcela.

Improvviso è lo scroscio d’acqua. Uno solo ma di un’inaudita violenza. Il povero ombrellino regge a fatica ma regge. La situazione è strana. Si percepisce il pericolo imminente. Parte lo scatto. Via, di corsa il più veloce possibile verso il portone. Verso il riparo. Verso la salvezza.

No! Non è così. La tempesta perfetta, l’entità oscura e minacciosa mi sorprende a pochi passi dal portone. La violenza dell’acqua è inaudita. Il povero ombrellino soccombe immediatamente. Fiumi in piena sgorgano da ogni dove. Le scarpe s’inzuppano e rallentano la corsa disperata. E’ la fine! Non riuscirò mai ad arrivare. Non vedo più nulla...

Con uno sforzo esagerato e allo stremo delle forze riesco a raggingere l’agoniato portone. La chiave mi cade e l’entità mostruosa sembra compiacersene. Le raffiche di vento e di acqua aumentano ancora. In lontananza si sente urlare una donna ma la sua voce si perde nel boato di un tuono. Raccolgo la chiave. Entro nel portone che a fatica riesco a chiudere. Salvo! Sono salvooo.

Dal mio loft (si dice così oggidì, giusto? Si va be', con questo termine di solito si intende un appartamento ricavato in una fabbrica o un'abitazione situata al pianterreno, ma chi se ne frega. Non siamo certo pignoli noi), non a caso denominato da me il “torracchio”, la vista della tempesta è veramente perfetta.

Pioverà per più di un’ora facendomi così anche ritardare l’uscita da casa per tornare al lavoro. Talasciamo pure che dalla finestra è iniziato ad entrare acqua allagandomi parte della camera e che la biancheria stesa sarà da rilavare totalmente.

Quando un giorno tornerà il sole, se tornerà, al primo che dice “eee ma fa troppo caldooo", giuro, gli ciocco una cartella nei denti.

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