L'editoriale di Luca


Tutti i giornali evidenziano la tenuta dell’Unione e la spaccatura della CdL che di fatto non esisterebbe più, dopo il voto in Senato sull’Afganistan.
Poveri, piccoli, pagliaccetti, allineati. Se fossero stati un po’ più attenti (essendo in malafede lo sanno benissimo), si sarebbero accorti che i numeri (sempre e solo loro) dicono una cosa diversa e che la realtà è un’altra. La maggioranza, che in Senato quota 158, si è fermata a 155 (la matematica come sappiamo è un’opinione solo in politica). La Cdl esiste sempre e finalmente l’UDC e Casini (quello che in "c-o-s-c-i-e-n-z-a" non se la sentiva di non votare il rifinanziamento ma da buon cattolico praticante e pronto a dispensare giudizi morali si è sentito, sempre in "c-o-s-c-i-e-n-z-a", di mollare moglie e figli per un’altra donna) hanno gettato la maschera.
E’ da almeno 3 anni che il popolo della CdL (basta leggere sui vari siti dedicati) chiede con forza di staccarsi dall’UDC. Finalmente (forse, perché con i democristiani non si sa mai) ciò è accaduto.
Che ieri il Decreto sarebbe passato e che la Cdl si sarebbe divisa lo si sapeva benissimo quindi non si capisce di cosa si stia parlando.
Scriveva Stefano Vespa (sarà il figlio?) su Panorama della settimana scorsa:
… “con la scontata approvazione del decreto di rifinanziamento delle missioni anche al Senato grazie alla CdL… Romano Prodi sa che non correrà i rischi del 21 febbraio, quando dovette dimettersi dopo la bocciatura della relazione sulla politica estera… la questione della quota 158 resta però intatta”…
Gli elettori di centro sinistra sono liberissimi di scegliersi come capo un democristiano (è dal 98 che lo fanno “obtorto collo”). Altrettanto liberamente gli elettori di centro destra hanno il diritto di “vaffanculare” un democristiano apsirante capo (povero illuso).